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MAG 15 2019

Cos’è la profondita di campo e come si può ottimizzare in un SEM?

  • Tecnica SEM
  • Research Productivity, preparazione campione, SEM images, SEM
  • Luigi Raspolini

Cos’è la profondità di campo?

Quando si scatta una foto di solito il soggetto di norma è perfettamente a fuoco ed il più possibile nitido. Da un punto di vista artistico questo permette di focalizzare tutta l’attenzione sul soggetto. Nella pratica permette di mostrare la maggior quantità di dettagli possibili.
Ma qual è la percentuale del soggetto realmente a fuoco, e come la si può aumentare o diminuire? La porzione di un’immagine che è a fuoco va considerata di fatto come un piano, ed in teoria possiamo mettere perfettamente a fuoco superfici perfettamente piatte. Per fortuna il nostro cervello è in grado di processare la porzione del soggetto sufficientemente vicina al piano focale; questa porzione viene definita profondità di campo.
Diversi parametri influenzano la profondità di campo e la loro gestione permette di ottenere immagini in grado di rilevare più o meno dettagli. Un ruolo importante viene svolto per esempio dal diametro dell’apertura e dal design del sistema di focalizzazione (le lenti nella macchina fotografica e la colonna elettronica nel SEM).
Un altro fattore cruciale è la distanza tra il soggetto ed il sistema di imaging. La profondità di campo aumenta quando il soggetto è sufficientemente lontano, mentre quando si trova vicino diminuisce drasticamente; la distanza ravvicinata permette d’altro canto di rivelare dettagli che sarebbero invisibili a maggiori distanze (vedi Figura 1).

Figure 1: a) un’immagine ravvicinata di un fiore che mostra maggiori dettagli ma una minor profondità di campo (sfondo sfocato); b) un panorama in cui la profondità di campo passa da pochi cm a diversi km. Entrambe le immagini sono state acquisite con la stessa apertura e lunghezza focale.

Come funzione la messa a fuoco in un microscopio elettronico

In un SEM il fuoco è definito come la posizione in cui il fascio di elettroni primari ha il minimo diametro.
Gli elettroni emessi dalla sorgente passano attraverso la colonna e l’apertura finale che hanno lo scopo di gestire il fascio e demagnificarne il diametro iniziale ottenendo il più piccolo spot size possibile. Quanto più piccolo è il diametro del fascio sul campione e quanto maggiore la risoluzione dell’immagine finale. La massima risoluzione di solito viene ottenuta ad una specifica working distance (WD - la distanza fisica tra la parte più bassa della colonna (dove di solito è alloggiato il BSD) e la superficie del campione. Posizionando il campione ad una WD maggiore o inferiore aumenterà la dimensione minima teorica dello spot size e la risoluzione massima non potrà più essere raggiunta, anche se il campione potrà essere focalizzato comunque.
Il piano orizzontale su cui si trova la sezione del fascio al suo valore minimo di diametro è definito come il piano focale. Tutti gli oggetti posizionati su questo piano (cioè a questa distanza dal fondo della colonna) saranno perfettamente a fuoco, mentre quelli al di sopra o al di sotto saranno via via più sfocati (fino a risultare irriconoscibili) man mano che si discostano dal piano focale. Cambiare il fuoco significa di fatto spostare l’altezza di questo piano.

Come la working distance influenza la profondità di campo

Per riassumere quanto detto nel paragrafo precedente: la profondità di campo è una porzione di spazio (di fatto un range di working distance) nella quale l’immagine e sufficientemente nitida, e la miglior WD garantisce la massima risoluzione quando il fascio è focalizzato.
Ciò nonostante, ci sono alcuni casi in cui la risoluzione ha meno importanza, mentre è più utile poter ottenere maggiori profondità di campo soprattutto nel caso di campioni particolarmente tridimensionali.
Se osserviamo un insetto, per esempio, è cruciale che tutte le parti anatomiche osservabili nel campo visivo siano contemporaneamente a fuoco, ma lo stesso vale per le componenti elettroniche.
In questi casi l’uso di una working distance più elevata (anche a scapito della risoluzione) permette di ottenere una maggiore profondità di campo e di osservare più elementi allo stesso tempo.
La figura 2 aiuta a chiarire il ruolo della WD. Posizionando il campione vicino alla colonna l’angolo di convergenza del fascio è maggiore, quindi anche la minima variazione rispetto al piano focale determina una grande variazione nel diametro del fascio e quindi un aumento della sfocatura dell’immagine. Al contrario l’uso di una WD più elevata permette di ottenere un angolo di convergenza più piccolo con meno variazioni di spot size lungo i diversi piani focali; tutti i dettagli dell’immagine risulteranno quindi sufficientemente nitidi.

Figura 2: rappresentazione schematica della colonna elettronica, del fascio di elettroni e dei piani focali. Quando la WD è maggiore l’angolo di convergenza (α) è più piccolo e scostamento dal piano focale non determina grandi differenze di messa a fuoco. Se la WD è bassa l’angolo β è più ampio e quindi anche la minima variazione di piano focale determina una grossa variazione nello spot size e quindi un’immagine più sfocata. D’altro canto il diametro minimo del fascio in questo caso è più piccolo quindi è possibile ottenere una maggior risoluzione.

La profondità di campo può essere quindi aumentata da pochi micron a qualche mm ed adattata in modo da ottimizzare la qualità dell’immagine finale.
La scelta della corretta working distance per il proprio campione è tanto importante quanto la preparazione del campione stesso.

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A cura di Luigi Raspolini

Luigi Raspolini è un Application Engineer presso Phenom-world, leader mondiale dei SEM compatti. Luigi è costantemente alla ricerca di nuovi approcci per la caratterizzazione dei materiali, le misure di rugosità superficiale e l’analisi elementale EDX. Si appassiona nel cercare il modo di ottenere l’immagine migliore di ogni tipo di campione, e nel migliorare l'esperienza degli utenti.

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